Scriverò la rece di The burrowers di J.T. Petty, anno di grazia 2008, a cominciare dal finale perché questo gioiellino horror fantawestern spiazza alla grande negli ultimi minuti in quanto chi doveva essere morto è rimasto vivo e chi doveva restare vivo è morto. Amen! La prima parte del film è puro ed eccellente selvaggio west con scontri tra un gruppo di pionieri che dà la caccia agli indiani sioux sospettati di avere rapito delle donne bianche. Quindi Tra nativi americani torturati, soldati che andrebbero premiati: impiccandoli, "extracomunitari" irlandesi, pallottole che spaccano ossa e sfondano muscoli insieme a "splatterosi" e zampillanti schizzi di sangue si arriva a capire che chi ha preso le donne non ha niente di umano. Petty non perde l'occasione di ricordaci come l'ovest americano, e non solo, sia stato costruito sui cadaveri degli indiani e dei bisonti che dovevano cedere il campo all'invasione di discutibili europei spesso con fedine penali che farebbero morire d'invidia Charles Manson e militari fanatici appassionati di tiro al nativo, non escludendo la possibilità che qualcun altro fosse giunto in quei territori molto tempo prima, e ora senza fare distinzioni trova buoni e commestibili sia i wasichu cioè i bianchi che i rossi. Un film che merita sicuramente di essere visto e rivisto anche per il suo messaggio ecologico e perché tutto sommato un ottimo uso dell'uomo sarebbe quello di concime per la terra di cui tante volte non ha nessun rispetto.
"Hai portato i cerotti e il perossido d'idrogeno, amico?" |
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