11.23.2011

The new boz

"In Italia, data la maggiore influenza avuta dalla cultura marxista e la quasi assenza di una cultura liberale, si è protratta più a lungo, in una parte dell' opinione pubblica e della classe dirigente, la priorità data alla rivendicazione ideale, su basi di istanze etiche, rispetto alla rivendicazione pragmatica, fondata su ciò che può essere ottenuto, anche con durezza ma in modo sostenibile, cioè nel vincolo della competitività. Questo arcaico stile di rivendicazione, che finisce spesso per fare il danno degli interessi tutelati, è un grosso ostacolo alle riforme. Ma può venire superato. L' abbiamo visto di recente con le due importanti riforme dovute a Mariastella Gelmini e a Sergio Marchionne. Grazie alla loro determinazione, verrà un pò ridotto l'handicap dell' Italia nel formare studenti, nel fare ricerca, nel fabbricare automobili."
Mario Monti
 (Corriere della Sera del 2 gennaio 2011)

Il capo è uno come tutti gli altri, solo che non lo sa.
Anonimo


Joe e la leggenda degli ordini alieni


Se osservate attentamente il video (Clash - Rock the casbah, 1982) e la Fender Telecaster del '66 suonata da Joe Strummer, noterete che sulla cassa della chitarra compare un misterioso adesivo con la scritta...


Cercando, in rete, informazioni sulle origini o il significato di questa curiosa e se vogliamo inquietante frase, stranamente non si trova niente di certo che ne sveli il suo segreto. A parte wikipedia dove dice che l'adesivo, segno distintivo del frontman dei Clash, sta sulla cassa della sua fender dipinta di nero, sin dagli esordi del musicista. Considerando la traduzione della frase: ignora gli ordini alieni, verrebbe da chiedersi a chi è indirizzato il messaggio? Quali sono questi ordini alieni? E soprattutto chi è o chi era a darli? Se si fa memoria, musicisti come Jimi Hendrix, Frank Zappa, i Beatles o Elvis Presley, per citarne alcuni, avendo una formidabile creatività musicale capace di raggiungere e influenzare i costumi di ogni angolo di questo pianeta, da molti vengono considerati come degli "alieni". Giocando di fantasia sarebbe bello poter pensare che misteriose entità provenienti dallo spazio profondo si aggirino tra noi anche sotto forma di artisti e che attraverso la loro creatività si scambino messaggi e cerchino di migliorare questo pianeta. Non sarebbe male credere che scrittori come Francis Bacon, Jules Verne, George Orwell, Isaac Asimov, Ambrose Bierce o Philip K. Dick attraverso i loro libri, consciamente, dessero idee per lo sviluppo di nuove e future tecnologie già esistenti in altre parti dell'universo, e per finire, si potrebbe considerare Strummer oltre che come ribelle terreno anche come ribelle venuto da altri mondi a denunciare nei suoi testi, falsi e alieni profeti delle nuove tecnologie e del potere, di quest'epoca così assurda. In ogni caso, anche se
la spiegazione potrebbe essere molto più semplice: tutti gli ordini insensati andrebbero considerati come ordini alieni e quindi da ignorare;
 quel piccolo adesivo e quella scritta sono già stati consegnati alla leggenda del rock, e come sappiamo bene: tutto ciò che è leggenda non muore mai.

In memoria di Joe.

11.22.2011

Futureshorts


 Cool!

11.21.2011

Meridiano di sangue

L'epoca di Meridiano di sangue è il 1850 e i fatti che il misantropo scrittore Cormac McCarthy ci racconta si basano su personaggi e fatti reali che avvengono, come in altri suoi romanzi, al confine Tra Stati Uniti e Messico. Guidati dal glabro e corpulento giudice Holden, misterioso e carismatico personaggio, una nutrita banda di picareschi e assortiti tagliagole, tra cui John Glanton, dei pellerossa Delaware e un aggregato ragazzo di quattordici anni, girano il sudovest in cerca di indiani da scalpare per intascare la ricompensa. Scritto con la consueta spietatezza descrittiva di McCarthy, il romanzo alterna momenti sanguinosamente epici a momenti di grande follia e filosofia esistenziale. La vita e la morte assumono sfumature grottesche nell'immenso scenario degli assolati ma anche freddi deserti del Texas, dell'Arizona e del Messico. L'orrore dell'esistenza in quel meridione insanguinato crea repulsione ma affascina contemporaneamente. Tutti i personaggi si muovono in una girandola di situazioni che sembra consumarli mentre ci si avvicina al finale del libro. Per McCarthy, sono indefinibili le sfumature tra luce e buio nell'animo umano, forse non ci sono esseri umani buoni o cattivi in quell'epoca e a quelle latitudini, dove ogni ora di vita va sudata e guadagnata, ma solo uomini e donne che cercano di sopravvivere a qualunque costo. Viene in mente una vecchia battuta di Woody Allen in cui dice che il mondo è un' immensa catena alimentare, perché nonostante le brutali descrizioni contenute nel romanzo riguardo al cacciare, all'uccidere e anche al cibarsi, vera prova di supremazia tra i componenti della banda, l'ambiente in cui si muovono e tutti i loro nemici, nonostante la chiave di lettura del libro possa essere la tragedia, anche di quest'ultima, a volte, si può riderne cinicamente e di gusto. In quel manicomio nichilista che lo scrittore ci descrive minuziosamente tra Apache, mandriani, minatori, giocatori, peones, banditi, puttane, soldati, freaks, animali, merda, sangue, polvere, sporcizia e morte, la figura che prende il sopravvento su tutto e tutti è certamente quella dell'eccentrico giudice Holden. Imponente e inquietante già nell'aspetto, uomo di grande cultura, va a caccia di farfalle, annota su un quaderno e disegna molte delle cose che vede durante gli spostamenti, nonché filosofo della banda di bastardi corsari di terra che lo segue. Consapevolezza e cultura comunque non gli impediscono di affogare dei cuccioli appena acquistati o uccidere un ragazzo Apache con cui poco prima giocava, sottolineandone spietatezza e pericolosità. La violenza ossessiva di bloody McCarthy ha una cadenza ritmica, come un film di Sam Peckinpah, distribuita con abile maestria lungo tutto il percorso di un western on the road tra scontri, sparatorie, teste mozzate, uomini torturati, indiani scalpati o crocefissi, dove i protagonisti versano sangue a fiumi ridicolizzando la vita ma anche la morte, prima o poi, traguardo finale per tutti.

Trovarono gli scout perduti appesi a testa in giù ai rami di un albero paloverde annerito dal fuoco. Avevano i talloni trapassati da spole appuntite di legno verde, e penzolavano grigi e nudi sopra le ceneri spente dei tizzoni che li avevano arrostiti fino a carbonizzare le teste e a bollire il cervello nel cranio mentre il fumo usciva fischiando dalle narici. Le lingue erano state estratte dalla bocca e bloccate con pezzetti di legno acuminato che le passavano da parte a parte, e le orecchie mozzate, e i torsi aperti con schegge di selce fino a far scendere le viscere penzoloni sul petto. Qualcuno fra gli uomini si fece avanti coltello alla mano e staccò i corpi che caddero a terra e rimasero tra le ceneri. Le due forme più scure erano quelle dei Delaware, e gli altri due erano il tasmaniano e un uomo dell'est di nome Gilchrist. Nelle mani dei loro barbari ospiti non avevano avuto né favore né discriminazione, ma avevano sofferto ed erano morti imparzialmente.
Cormac McCarthy Meridiano di sangue Einaudi -1998

"L'orrore... l'orrore."
Colonello Kurtz in Apocalypse now - 1979

11.14.2011

Se il blues è la musica del diavolo...



































... Ci vediamo all'inferno!
  

11.09.2011

Novembre è sempre il mese dei morti...

La patria è un qualsiasi luogo dove si sta bene.
Cicerone

11.08.2011

"Bacia un po' il culo del gatto nero di mia sorella!" (Only 4 fans)


Il poetico titolo di questo post è preso in prestito da una frase pronunciata nel film di Sam Peckinpah Il mucchio selvaggio (Wild Bunch, 1969), e tra un po' capirete perché l'ho scelto. In realtà però questo post non parla proprio di quello splendido western del grande regista di Fresno ma di uno precedente intitolato Sierra Charriba (Major Dundee, 1965). E' cosa risaputa che Peckinpah ebbe sempre dei problemi - non è mai stato e non sarà mai comunque l'unico - con tanti produttori dei suoi film che vollero sempre imporre il loro punto di vista sul suo lavoro, anche Sierra Charriba non scampò a questo triste massacro. Infatti delle due ore e quaranta pensate e realizzate dal regista come prodotto da presentare al pubblico, la produzione (ricordiamoci che i produttori di un film sono i finanziatori, quelli che mettono i dollari) ne fece eliminare ben quaranta. Durante la lavorazione Peckinpah fu anche minacciato di licenziamento da parte  di Jerry Bresler, questo il nome del produttore della Columbia, se non avesse rinunciato a due ulteriori settimane di riprese. Il regista replicò che piuttosto si sarebbe dimesso lui stesso. A quel punto intervenne Charlton Heston, l'attore principale, che si schierò dalla parte di Peckinpah, minacciando a sua volta di lasciare il set insieme ad altri della troupe. Poi pur di fare girare le due settimane supplementari rinunciò al suo cachet di 300.000 dollari restituendoli alla produzione. La cosa fece scalpore nell'ambiente perché non vi erano mai stati dei casi precedenti, e questo diede dopo, per quel che è servito, un po' più di potere al regista sul controllo del film. Per quello che riguarda i vuoti strutturali causati dalle scene eliminate (sic), eccone alcuni dei più incisivi basati sulle dichiarazioni del regista: (1) Scena d'apertura, in cui lo squadrone di cavalleria, che non è riuscito a rintracciare Sierra Charriba in due mesi di ricerche, si dirige al ranch dei Rostes dove è in corso la festa di Halloween. Vengono presentati Ryan (il giovane narratore) e Beth Rostes che sono innamorati, il tenente Brannin, lo scout Riago, la famiglia Rostes al completo con i bambini più piccoli che giocano mascherati da Apache - (2) Scena immediatamente seguente,: la lunga, violenta, brutale sequenza del massacro ad opera degli indiani; i Rostes sono tutti uccisi - (3) Scena nella quale Dundee stappa una bottiglia di Whisky, complimentandosi con i soldati per la loro condotta nell'attraversamento del fiume. Avvengono due brindisi, uno fatto dal sergente Chillum per i sudisti, l'altro dal reverendo Dahlstrom per i nordisti - (4) Scena nella quale i soldati si rotolano per terra, ridendo istericamente ma in silenzio, perché Dundee non riesce a far muovere la mula che sta cavalcando - (5) Spezzoni della notte di festa al villaggio messicano. Dundee e Tyreen, ubriachi rivivono i giorni passati insieme a West Point. Lo scouts Potts e il sergente Gomez lottano accanitamente con il coltello, forse per gioco, forse seriamente: soldati messicani li osservano affascinati, ma Dundee rompe l'atmosfera e li separa - (6) Scena nella quale Dundee, distrutto nel morale ed ubriaco, si trascina a Durango, con annesso un flash-back delle sue memorie - (7) La scoperta del cadavere torturato di Riago: Potts vuole che Dundee stesso recida le corde che legano ad un albero lo scout della cui lealtà aveva sempre dubitato - (8) Eliminazione di tutte le scene in cui si delinea il personaggio del disertore O:W: Hadley: è rimasta solo quella della sua morte - (9) Dopo che Dundee ha fatto cadere i suoi uomini nella prima imboscata degli indiani ed il guppo ha subito gravi perdite, scena di un amaro dialogo tra il maggiore e Ben Tyreen, durante il quale il trombettiere narratore va a bere al fiume. Mentre sta per portare alle labbra il recipiente che ha immerso nell'acqua, si accorge che è pieno di sangue e lo rovescia disgustato - (10) Il finale in cui "tutti dovevano morire". Se avete visto Sierra Charriba e siete fans del cinema di Sam Peckinpah sarete d'accordo che quella gran carogna di Bresler e i vampiri della Columbia hanno privato lo spettatore e la storia del cinema di genere di parecchia roba interessante, e che c'è un bel po' di differenza tra il finale voluto dal regista e quello che invece conosciamo. Finale in cui, tra l'altro, viene a crearsi quell'incongruenza narrativa con l'inizio e il prologo del film dove il trombettiere Tim Ryan scrive nel suo diario e racconta di essere l'unico superstite degli accadimenti durante la caccia a Charriba. Anche se nel 2006 è stato pubblicato un dvd extended, director's cut, con reinserite una piccola parte delle scene eliminate, resta l'amaro in bocca per quello che sarebbe potuto essere il film non mutilato e con il montaggio originale. Ecco perché a nome di zio Sam posso traqullamente affermare: "Mister Bresler e Columbia... baciate un po' il culo del gatto nero di mia sorella!".
Rif. Valerio Caprara - Sam Peckinpah - L'Unità/ Il Castoro (1995)

"Sono veramente appassionato delle guerre civili e delle rivoluzioni, ma soprattutto di poter comprendere perché falliscono, perché partendo da nobili ideali finiscono spesso in catastrofi immani." 
S.P.

11.04.2011

La frontiera di Kelly Reichardt

Kelly Reichardt  è un ottima regista, indipendent, Nata a Miami, Florida. Nel suo film più recente intitolato Meek's cutoff, (2010); ambientato nell'America del 1845, racconta la storia, basata su un fatto reale, di tre famiglie di pionieri che migrano affrontando un lungo viaggio, attraverso il deserto dell'Oregon, in cui si perdono anche se condotte da  Stephen Meek  famosa guida dell'epoca, in cerca di un posto in cui insediarsi. Il cinema della Reichardt racconta storie dal carattere minimalista, spogliate completamente di quella veste da esibizione artificiosa e spettacolare tipica di un certo cinema hollywoodiano, e più vicino ai modelli quasi documentaristici di registi europei come Werner Herzog. Le inquadrature spesso statiche, con i passaggi dal giorno alla notte e viceversa, scandiscono lo scorrere del tempo e i ritmi narrativi dentro campi lunghi dilatatissimi che creano un certo senso di disagio e solitudine accentuati dalla mancanza quasi totale di una colonna sonora e da lunghi silenzi. Non ci sono eroi nell'ottica di questa capace regista, e i protagonisti delle sue storie sono esseri umani che lottano affrontando i dubbi della quotidianità, e il viaggio, tema principale di tutti i suoi film. L'approccio della Reichardt al celebratissimo genere western - caso unico, credo, da parte di una regista - è completamente disincantato e quanto di più vicino alla realtà mi sia capitato di vedere. I protagonisti della storia persi nell'immensità monotona e ripetitiva dei paesaggi americani appaiono insicuri e vulnerabili. Non ci sono eroismi o duelli, ma solo il confrontarsi con le avversità quotidiane come il ripararsi dal calore del sole, dal vento freddo o attraversare un fiume durante un lungo viaggio tedioso e interminabile. Anche l'incontro con il "selvaggio indiano" è riportato a una dimensione più credibile, niente enfasi, anche lui è vittima delle circostanze, dei capricci della natura e di quell'enorme paese dove il nemico è la siccità o lo sconfinato deserto che sembra dire agli uomini di essere piccoli e inutili. Notevole la sequenza in cui una delle donne si fa consegnare dal pellerossa uno dei mocassini per ricucirglielo, sottolineando l'importanza dei rapporti: evidenziando che il primo passo per creare relazioni tra le persone, a prescindere dalla loro etnia, sta nel fare attenzione ai dettagli, ai bisogni e ai gesti quotidiani di ognuno. La stessa donna difenderà, dopo un incidente, il pellerossa minacciato da Meek. Lo stile di ripresa della Reichardt è quello di indugiare e di ritardare permettendo allo spettatore di perdersi nelle sue inquadrature. Anche le scene notturne e di bivacco dove i pionieri dialogano tra loro o con le loro mogli, evidenziando paure e perplessità sul viaggio e sulla loro guida, avvolte in un oscurità quasi totale accentuano la percezione di realtà da parte di chi osserva. Un altro eccellente film della Reichardt che trascina dentro lo schermo lo spettatore facendolo sentire perso e spaesato proprio come i protagonisti del film.

Filmografia: River of grass, 1994. Old joy, 2006. Wendy and Lucy, 2008. Meek's cutoff, 2010.
Il cinema della Reichardt  racconta storie dal carattere minimalista, spogliate completamente di quella veste da esibizione artificiosa e spettacolare tipica di un certo cinema hollywoodiano, e più vicino a modelli quasi documentaristici di registi europei come Werner Herzog. I protagonisti della storia persi nell'immensità monotona e ripetitiva dei paesaggi americani appaiono insicuri e vulnerabili. La regista sembra dire: "Conquistare la "civiltà", per certi versi, è stato anche un avanzare lungo e tedioso". Ottimo film.
Bubo Chanbio.