11.04.2011

La frontiera di Kelly Reichardt

Kelly Reichardt  è un ottima regista, indipendent, Nata a Miami, Florida. Nel suo film più recente intitolato Meek's cutoff, (2010); ambientato nell'America del 1845, racconta la storia, basata su un fatto reale, di tre famiglie di pionieri che migrano affrontando un lungo viaggio, attraverso il deserto dell'Oregon, in cui si perdono anche se condotte da  Stephen Meek  famosa guida dell'epoca, in cerca di un posto in cui insediarsi. Il cinema della Reichardt racconta storie dal carattere minimalista, spogliate completamente di quella veste da esibizione artificiosa e spettacolare tipica di un certo cinema hollywoodiano, e più vicino ai modelli quasi documentaristici di registi europei come Werner Herzog. Le inquadrature spesso statiche, con i passaggi dal giorno alla notte e viceversa, scandiscono lo scorrere del tempo e i ritmi narrativi dentro campi lunghi dilatatissimi che creano un certo senso di disagio e solitudine accentuati dalla mancanza quasi totale di una colonna sonora e da lunghi silenzi. Non ci sono eroi nell'ottica di questa capace regista, e i protagonisti delle sue storie sono esseri umani che lottano affrontando i dubbi della quotidianità, e il viaggio, tema principale di tutti i suoi film. L'approccio della Reichardt al celebratissimo genere western - caso unico, credo, da parte di una regista - è completamente disincantato e quanto di più vicino alla realtà mi sia capitato di vedere. I protagonisti della storia persi nell'immensità monotona e ripetitiva dei paesaggi americani appaiono insicuri e vulnerabili. Non ci sono eroismi o duelli, ma solo il confrontarsi con le avversità quotidiane come il ripararsi dal calore del sole, dal vento freddo o attraversare un fiume durante un lungo viaggio tedioso e interminabile. Anche l'incontro con il "selvaggio indiano" è riportato a una dimensione più credibile, niente enfasi, anche lui è vittima delle circostanze, dei capricci della natura e di quell'enorme paese dove il nemico è la siccità o lo sconfinato deserto che sembra dire agli uomini di essere piccoli e inutili. Notevole la sequenza in cui una delle donne si fa consegnare dal pellerossa uno dei mocassini per ricucirglielo, sottolineando l'importanza dei rapporti: evidenziando che il primo passo per creare relazioni tra le persone, a prescindere dalla loro etnia, sta nel fare attenzione ai dettagli, ai bisogni e ai gesti quotidiani di ognuno. La stessa donna difenderà, dopo un incidente, il pellerossa minacciato da Meek. Lo stile di ripresa della Reichardt è quello di indugiare e di ritardare permettendo allo spettatore di perdersi nelle sue inquadrature. Anche le scene notturne e di bivacco dove i pionieri dialogano tra loro o con le loro mogli, evidenziando paure e perplessità sul viaggio e sulla loro guida, avvolte in un oscurità quasi totale accentuano la percezione di realtà da parte di chi osserva. Un altro eccellente film della Reichardt che trascina dentro lo schermo lo spettatore facendolo sentire perso e spaesato proprio come i protagonisti del film.

Filmografia: River of grass, 1994. Old joy, 2006. Wendy and Lucy, 2008. Meek's cutoff, 2010.
Il cinema della Reichardt  racconta storie dal carattere minimalista, spogliate completamente di quella veste da esibizione artificiosa e spettacolare tipica di un certo cinema hollywoodiano, e più vicino a modelli quasi documentaristici di registi europei come Werner Herzog. I protagonisti della storia persi nell'immensità monotona e ripetitiva dei paesaggi americani appaiono insicuri e vulnerabili. La regista sembra dire: "Conquistare la "civiltà", per certi versi, è stato anche un avanzare lungo e tedioso". Ottimo film.
Bubo Chanbio.

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