L'avreste mai detto che a Toronto c'è l'edificio più alto del mondo?... Be', non se ne sa mai abbastanza. E a salirci sopra chissà che belvedere... eeeh! Il Canada, sarebbe bello averci una casetta.
Buon 2012 a tutti.
L'epoca di Meridiano di sangue è il 1850 e i fatti che il misantropo scrittore Cormac McCarthy ci racconta si basano su personaggi e fatti reali che avvengono, come in altri suoi romanzi, al confine Tra Stati Uniti e Messico. Guidati dal glabro e corpulento giudice Holden, misterioso e carismatico personaggio, una nutrita banda di picareschi e assortiti tagliagole, tra cui John Glanton, dei pellerossa Delaware e un aggregato ragazzo di quattordici anni, girano il sudovest in cerca di indiani da scalpare per intascare la ricompensa. Scritto con la consueta spietatezza descrittiva di McCarthy, il romanzo alterna momenti sanguinosamente epici a momenti di grande follia e filosofia esistenziale. La vita e la morte assumono sfumature grottesche nell'immenso scenario degli assolati ma anche freddi deserti del Texas, dell'Arizona e del Messico. L'orrore dell'esistenza in quel meridione insanguinato crea repulsione ma affascina contemporaneamente. Tutti i personaggi si muovono in una girandola di situazioni che sembra consumarli mentre ci si avvicina al finale del libro. Per McCarthy, sono indefinibili le sfumature tra luce e buio nell'animo umano, forse non ci sono esseri umani buoni o cattivi in quell'epoca e a quelle latitudini, dove ogni ora di vita va sudata e guadagnata, ma solo uomini e donne che cercano di sopravvivere a qualunque costo. Viene in mente una vecchia battuta di Woody Allen in cui dice che il mondo è un' immensa catena alimentare, perché nonostante le brutali descrizioni contenute nel romanzo riguardo al cacciare, all'uccidere e anche al cibarsi, vera prova di supremazia tra i componenti della banda, l'ambiente in cui si muovono e tutti i loro nemici, nonostante la chiave di lettura del libro possa essere la tragedia, anche di quest'ultima, a volte, si può riderne cinicamente e di gusto. In quel manicomio nichilista che lo scrittore ci descrive minuziosamente tra Apache, mandriani, minatori, giocatori, peones, banditi, puttane, soldati, freaks, animali, merda, sangue, polvere, sporcizia e morte, la figura che prende il sopravvento su tutto e tutti è certamente quella dell'eccentrico giudice Holden. Imponente e inquietante già nell'aspetto, uomo di grande cultura, va a caccia di farfalle, annota su un quaderno e disegna molte delle cose che vede durante gli spostamenti, nonché filosofo della banda di bastardi corsari di terra che lo segue. Consapevolezza e cultura comunque non gli impediscono di affogare dei cuccioli appena acquistati o uccidere un ragazzo Apache con cui poco prima giocava, sottolineandone spietatezza e pericolosità. La violenza ossessiva di bloody McCarthy ha una cadenza ritmica, come un film di Sam Peckinpah, distribuita con abile maestria lungo tutto il percorso di un western on the road tra scontri, sparatorie, teste mozzate, uomini torturati, indiani scalpati o crocefissi, dove i protagonisti versano sangue a fiumi ridicolizzando la vita ma anche la morte, prima o poi, traguardo finale per tutti.
Il poetico titolo di questo post è preso in prestito da una frase pronunciata nel film di Sam Peckinpah Il mucchio selvaggio (Wild Bunch, 1969), e tra un po' capirete perché l'ho scelto. In realtà però questo post non parla proprio di quello splendido western del grande regista di Fresno ma di uno precedente intitolato Sierra Charriba (Major Dundee, 1965). E' cosa risaputa che Peckinpah ebbe sempre dei problemi - non è mai stato e non sarà mai comunque l'unico - con tanti produttori dei suoi film che vollero sempre imporre il loro punto di vista sul suo lavoro, anche Sierra Charriba non scampò a questo triste massacro. Infatti delle due ore e quaranta pensate e realizzate dal regista come prodotto da presentare al pubblico, la produzione (ricordiamoci che i produttori di un film sono i finanziatori, quelli che mettono i dollari) ne fece eliminare ben quaranta. Durante la lavorazione Peckinpah fu anche minacciato di licenziamento da parte di Jerry Bresler, questo il nome del produttore della Columbia, se non avesse rinunciato a due ulteriori settimane di riprese. Il regista replicò che piuttosto si sarebbe dimesso lui stesso. A quel punto intervenne Charlton Heston, l'attore principale, che si schierò dalla parte di Peckinpah, minacciando a sua volta di lasciare il set insieme ad altri della troupe. Poi pur di fare girare le due settimane supplementari rinunciò al suo cachet di 300.000 dollari restituendoli alla produzione. La cosa fece scalpore nell'ambiente perché non vi erano mai stati dei casi precedenti, e questo diede dopo, per quel che è servito, un po' più di potere al regista sul controllo del film. Per quello che riguarda i vuoti strutturali causati dalle scene eliminate (sic), eccone alcuni dei più incisivi basati sulle dichiarazioni del regista: (1) Scena d'apertura, in cui lo squadrone di cavalleria, che non è riuscito a rintracciare Sierra Charriba in due mesi di ricerche, si dirige al ranch dei Rostes dove è in corso la festa di Halloween. Vengono presentati Ryan (il giovane narratore) e Beth Rostes che sono innamorati, il tenente Brannin, lo scout Riago, la famiglia Rostes al completo con i bambini più piccoli che giocano mascherati da Apache - (2) Scena immediatamente seguente,: la lunga, violenta, brutale sequenza del massacro ad opera degli indiani; i Rostes sono tutti uccisi - (3) Scena nella quale Dundee stappa una bottiglia di Whisky, complimentandosi con i soldati per la loro condotta nell'attraversamento del fiume. Avvengono due brindisi, uno fatto dal sergente Chillum per i sudisti, l'altro dal reverendo Dahlstrom per i nordisti - (4) Scena nella quale i soldati si rotolano per terra, ridendo istericamente ma in silenzio, perché Dundee non riesce a far muovere la mula che sta cavalcando - (5) Spezzoni della notte di festa al villaggio messicano. Dundee e Tyreen, ubriachi rivivono i giorni passati insieme a West Point. Lo scouts Potts e il sergente Gomez lottano accanitamente con il coltello, forse per gioco, forse seriamente: soldati messicani li osservano affascinati, ma Dundee rompe l'atmosfera e li separa - (6) Scena nella quale Dundee, distrutto nel morale ed ubriaco, si trascina a Durango, con annesso un flash-back delle sue memorie - (7) La scoperta del cadavere torturato di Riago: Potts vuole che Dundee stesso recida le corde che legano ad un albero lo scout della cui lealtà aveva sempre dubitato - (8) Eliminazione di tutte le scene in cui si delinea il personaggio del disertore O:W: Hadley: è rimasta solo quella della sua morte - (9) Dopo che Dundee ha fatto cadere i suoi uomini nella prima imboscata degli indiani ed il guppo ha subito gravi perdite, scena di un amaro dialogo tra il maggiore e Ben Tyreen, durante il quale il trombettiere narratore va a bere al fiume. Mentre sta per portare alle labbra il recipiente che ha immerso nell'acqua, si accorge che è pieno di sangue e lo rovescia disgustato - (10) Il finale in cui "tutti dovevano morire". Se avete visto Sierra Charriba e siete fans del cinema di Sam Peckinpah sarete d'accordo che quella gran carogna di Bresler e i vampiri della Columbia hanno privato lo spettatore e la storia del cinema di genere di parecchia roba interessante, e che c'è un bel po' di differenza tra il finale voluto dal regista e quello che invece conosciamo. Finale in cui, tra l'altro, viene a crearsi quell'incongruenza narrativa con l'inizio e il prologo del film dove il trombettiere Tim Ryan scrive nel suo diario e racconta di essere l'unico superstite degli accadimenti durante la caccia a Charriba. Anche se nel 2006 è stato pubblicato un dvd extended, director's cut, con reinserite una piccola parte delle scene eliminate, resta l'amaro in bocca per quello che sarebbe potuto essere il film non mutilato e con il montaggio originale. Ecco perché a nome di zio Sam posso traqullamente affermare: "Mister Bresler e Columbia... baciate un po' il culo del gatto nero di mia sorella!".
Il video con l'esibizione degli Who allo Smothers brothers comedy hour nel 1967, dove Keith Moon, nel finale, fece brillare dell' esplosivo senza avvisare gli altri componenti del gruppo. A causa della detonazione, Pete Townshend, temporaneamente, perse dall'orecchio destro la capacita d'udito del 90%. Le risposte che la band dà al presentatore, durante l'intervista, sono esilaranti.